Da Fratta ad Umbertide: 150 anni dal cambiamento del nome

Ultima modifica 16 gennaio 2020

Buon anniversario da parte degli alunni della scuola secondaria di I grado "Mavarelli-Pascoli" di Umbertide

"Doppo ch' eime arfatto

unita l'Italia bella

toccò d'arfà qualcosa

anco pe ‘l nostro paese

che n' se potè chiamà più Fratta

perché ce n` eron troppe

giù pe lo stivale!

 

Doppo poi d'ave arischiato

de nominasse "Umberta"

ecco ‘l su nome novo:

"Umbertide", che m'armentova

i fratelli Uberti

che l' arfecero da le ruvine.

 

A mò Fratta mettemola n' cantina

che già tropp'acqua

è passata sotto ‘l ponte.

Famo n' brindisi e famo festa

a Umbertide e a la su brava gente

e a tutte le belle cose

ch' emo fatto ta sti 150 anni!"

Così i ragazzi e le ragazze della classe 3 E, della scuola secondaria di 1° grado Mavarelli-Pascoli di Umbertide sotto la guida dell'insegnante di lettere Rondini Gioia e della professoressa (in pensione) Filippi Elena, intervenuta come esperta, hanno ricordato il 150° anno dal cambiamento del nome del nostro paese da Fratta a Umbertide ("arcontandolo a la nostra maniera").

Due le date fondamentali individuate:

- 25 gennaio 1863, quando il Consiglio Comunale approvò la denominazione di Umbertide dopo che, in una precedente seduta, era stata scelta la denominazione di Umberta, contestata animatamente dalla popolazione;

- 29 marzo 1863, quando, con decreto regio, si ufficializzò tale cambiamento.

II filo conduttore di tale progetto (da Fratta a Umbertide) è stato il dialetto frattigiano, oggi rimasto un vago ricordo, per via della globalizzazione e dei mass­media.

Attraverso la guida esperta della professoressa Filippi si è approfondita la conoscenza del dialetto, così com’era 50 - 70 anni fa, quando Umbertide, nonostante il nuovo nome, era ancora nell'anima Fratta, fatta di cose semplici, ma ricche di valori.

L'uso ancora persistente nel nostro territorio del nome Fratta, nelle associazioni sportive, economiche e sociali, ha confermato come tale nome e tutto ciò che esso evoca resti ancora nel cuore della gente.

Si è passati poi alla ricerca di proverbi, detti popolari, nonché dei soprannomi a cui si affidarono sia l'ironia che la saggezza dei Frattigiani.

Attraverso le scenette popolari del passato, di quando Umbertíde era ancora Fratta, presso il Bocajolo e le Case Sparse, alle "ricette de na volta", abbiamo cercato di calarci nel periodo di quando il Paese finiva a pochi metri dal centro e si viveva in spazi ristretti, di quando i vicoli "arbullicàon de gente e tutto se sapea de tutti"!

Le fasi del nostro progetto, sopra illustrato, sono state documentate prima su cartelloni e poi su un piccolo libro, dove la guida Umbertino ci fa conoscere Fratta, in lingua italiana, mentre i personaggi, le storie, i luoghi sono animati dal dialetto frattigíano, non più considerato un pericolo di disgregazione, come all'índomani dell'Unità d'Italia, ma, se pur virgolettato, uno strumento, un mezzo più ricco, colorito ed efficace per conoscere le "raiche" dell'anima frattígiana.

La metodologia adottata è stata graduale iniziando, un po' come tutte le lingue, dalle sue regole (dal suono delle vocali e di alcune consonanti, alla coniugazione di alcuni verbi particolari), passando dalla produzione orale a quella scritta, sulla falsa riga dell'unico scrittore in dialetto frattigiano Silvano Conti.

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Il libretto della Scuola Mavarelli-Pascoli (4.695kB - PDF)