Il Calendario 2003

Ultima modifica 15 gennaio 2020

Edizione dedicata alla Fratta del Cinquecento

Vedere la Fratta nel XVI secolo è davvero emozionante. La prima “fotografia” che ci ha lasciato Cipriano Piccolpasso nel 1565 l’abbiamo riprodotta per la prima volta dall’originale - conservato nella biblioteca nazionale centrale di Roma - col sistema digitale. La qualità dell’immagine ingrandita ci ha fornito dettagli che non era stato possibile osservare con le precedenti riproduzioni fotografiche. I chiari particolari che ora emergono di molti luoghi del castello e del Borgo Superiore e Inferiore ci fanno scoprire aspetti interessantissimi della struttura architettonica, delle fortificazioni militari, delle attività produttive di Fratta. Le fitte abitazioni costruite anche sopra le mura, il ponticello di legno sopra la Reggia per andare a S. Francesco, la torre longobarda nell’attuale piazza Fortebracci proprio dove ora è il teatro , il torrione circolare in fondo alla Piaggiola, la torre della Campana, il torrione di nord ovest (andato distrutto con la piena del 1610), il basamento del ponte levatoio della “porta del soccorso” della Rocca, tutto ci appare ora chiaro e leggibile, pur negli errori prospettici in cui è incorso il bravissimo disegnatore. E ci emoziona anche vedere, nel Borgo Inferiore, le ruote di legno mosse dall’acqua che veniva dalla diga sul Tevere, che azionavano il mulino di S. Erasmo - dove i fabbri andavano ad arrotare le migliaia di falci che producevano ogni anno - e la “gualchiera”, dove il panno di lana veniva battuto e assottigliato uniformemente da martelli di legno per renderlo più idoneo alla confezione di abiti.

Questo paese sul Tevere, tranquillo e laborioso, che colpì favorevolmente Piccolpasso assai più di tante altre città vicine, rivive nel Calendario in molti suoi aspetti inediti, mai toccati dalla storia ufficiale. Ne viene fuori la Fratta degli Statuti del 1521, ma anche la Fratta degli archibugieri e dei tessitori, dei bottegai, delle fiere e dei mercati, dei commercianti di stracci, dei venditori di falci, delle chiese e dei conventi. E tutti gli aspetti della vita, i litigi, gli insulti, i danni causati dalle bestie nei campi, la prigione della Rocca, i notai, il lavoro, i ricchi, i poveri, le tasse. Uno spaccato veramente vivo che pensiamo possa catturare l’interesse di tutti, umbertidesi e non.

Un sincero ringraziamento a Giuseppe Lucarini, sindaco di Urbania, per la cortese collaborazione e per le parole di stima verso la nostra città.

Sperando che il Calendario venga accolto con il consueto entusiasmo, auguro a tutti un anno sereno.

Gianfranco Becchetti - Sindaco di Umbertide

Caro amico,

eccomi qua, fedele e puntuale all’incontro che da dodici anni mi rende un po’ partecipe della Tua vita.

Grazie dell’onore che mi fai. Insieme andremo alla scoperta di una nuova fetta della storia di noi umbertidesi; di noi frattegiani, come ci chiamavano all’epoca; di noi “ranocchiari”, come ci chiamerà qualcuno. Ripercorrendo all’indietro il tempo che fu, ci fermeremo in un secolo, il Cinquecento, che vide Fratta cinta da poderose mura e protetta da un inespugnabile fossato. Mai prima (ed anche dopo) sarà possibile riscontrare uno sforzo del genere nel settore militare. Eppure, l’indole dei nostri antenati non era tesa alla guerra.  Anzi ... Cipriano Piccolpasso, una specie di precursore della “guida del Touring” per la meticolosità nel descrivere luoghi e genti, sottolineò che a Fratta “non vi sono armi di alcuna sorta” e che gli abitanti sono “diligenti, solleciti e avveduti”.  Un giudizio che ci lusinga e ci inorgoglisce anche oggi. Siamo, dunque, nel secolo del grande fervore artigianale, delle chiese (dodici in totale), dei conventi e delle confraternite, fulcri di una vita che, comunque, per il popolo minuto era grama e difficile. Ma nel 1521 Fratta si dà nuovi statuti, rinnovando quelli, antichi, del 1362, “deturpati et guasti per lo antiquo et longo usu”.  Testimonianza, allora, di una vivacità e di un’organizzazione sociale con pochi uguali; documento, adesso, di inestimabile valore storico. Nel 1560, poi, iniziano i lavori della Collegiata, costruita sull’onda devozionale di un miracolo della Madonna della Regghia in faccia alla Rocca.  E con la Rocca destinata a rappresentare per sempre le anime, cattolica e laica, delle nostre genti.

Infine, quasi prendendoci per mano, scopriremo insieme gli scorci più caratteristici della nostra terra, dentro e fuori le mura dell’antico borgo, che via via ti indicherò un mese dopo l’altro.  Sarà anche questo il modo per ritrovare le nostre radici e per sentirsi un po’ più umbertidesi.

Auguri di salute, pace e prosperità.

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